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CANTIERE MEMORIA, MOHAMED BA: ERANO BARCONI, ORA SONO I VIOLINI DEL MARE.

La Piccola Orchestra dei Popoli e il poeta Mohamed Ba in scena con  “Memoria del Legno” nell’ambito della rassegna Cantiere Memoria l’11 dicembre.

il Poeta Mohamed Ba in “Memoria del Legno” di Paolo Rumiz

E’ stata la voce di Mohamed Ba, attore e poeta senegalese, riferimento spirituale per buona parte della prima diaspora africana in Italia, a dare vita all’opera poetica “Memoria del Legno” di Paolo Rumiz, adattata a cura di Ciro Menale  direttore artistico della Piccola Orchestra dei Popoli, la formazione che la sera dell’11 dicembre ha portato in scena “I violini del mare” (Pietro Boscacci, violino del mare; Issei Watanabe, violoncello del mare; Ghazi Makhoul, liuto del mare;  Renata Mezenov Sa, chitarra del mare e voce,. Arupi Kanti Das, Cajon del mare) strumenti musicali  creati da liutai d’eccezione, i detenuti del carcere di Opera in provincia di Milano,  con i relitti de barconi dei migranti. Presentato nell’ambito della rassegna Cantiere Memoria, palinsesto  promosso ogni anno sotto Natale dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e ideato dalla Direzione di Casa della Memoria in accordo con il Comitato di gestione, lo spettacolo è dedicato in gran parte alla narrazione recitata da Mohamed Ba, monologo di una imbarcazione che ricorda come  da foresta sia diventata operoso peschereccio  per poi trasformarsi in un barcone gestito da scafisti per il trasporto di  migranti. E’ li che la memoria del battello si sofferma per  rivivere  l’orrore di cui è stato impotente testimone e involontario complice. Fino ad arrivare sulla costa alla deriva, con il suo carico di morte ed essere marchiato con un codice in quanto “corpo del reato”. Ma quella che sembrava la sua fine in realtà diventa qualcosa di diverso quando l’imbarcazione si vede fatta a pezzi, dal fasciame alla tolda, per iniziare la sua terza vita, quella di strumento musicale. Potente metafora sia della vita di chi questi strumenti ha costruito, come si diceva i detenuti del carcere di Opera, sia di chi questi barconi hanno portato alla morte in mezzo al mare, questa autobiografia di un  legno  che prolunga la sua esistenza  grazie all’arte rappresenta una delle più riuscite soluzioni artistiche sul tema migranti. La voce narrante dell’imbarcazione,  che racconta dal suo punto di vista, spiazza chi ascolta ma la sua accorata umanità ne cattura l’empatia. E quando,  da misero relitto, il barcone protagonista diventa  strumento musicale, porta nella sua catarsi anche chi nel racconto si è sentito un po’ un battello alla deriva. Perché  forse a tutti noi  è capitato a volte di sentirci un po’ relitti, ma capaci di diventare irripetibili strumenti musicali e creare meraviglia

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