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CONCLUSA DAK’ART OFF MILANO:  ECCO 5 BUONE RAGIONI  PER RIPETERLA .

La Biennale d’Arte di Dakar nella sua versione OFF ha portato  per un mese 6 discipline artistiche e 23 artisti nelle periferie di Milano.

Si è conclusa domenica 8 dicembre presso il C.I.Q. – Centro Internazionale di Quartiere in Via Fabio Massimo 19, Milano con proiezioni cinematografiche, danza, canto lirico,  poesia e “l’ostensione” di un opera collettiva in forma d’abito,  la prima edizione di DAK’ART OFF MILANO 2024.  Articolata in sei sezioni: pittura, scultura, fotografia/video arte, teatro/teatro danza, moda e poesia la rassegna, ideata e organizzata da Ibrahima Mbengue, Laura Pietrosanti, Ize Fall, Sara Kamsu, Antonella Rizzo ha portato questo laboratorio diffuso di arte contemporanea nelle periferie di Milano,  nello specifico le zona 4 e 2. 23 gli artisti coinvolti tra quelli della Selezione ufficiale – Dave Tavanti, Ibrahima Mbengue,  Bamba Diop,  Thomas Grand,  Sara Sullivan Peccianti,  Sorelle Wax,  Kechic,  Alioune Badara Ndiaye,  Ersilia Sarrecchia,  Ize Fall,  Faty Baba,  Chiara Serafini,  Modou Gueye,  Moussa Traorè, Mata – e la Selezione Ospiti – Marta Sebben,  Bara Abdoul Rahim,  Francesca Cosentino e Serigne Pene,  Martina Mambelli,  Clorinda Toscano Semaè Lab,  Jadid Ayoub,  Claudia Volonterio. 31 i giorni della manifestazione dal 7 novembre all’8 dicembre 2024; 4  le location che hanno ospitato installazioni. Performance,  concerti,  reading, mostre fotografiche proiezioni cinematografiche: il CIQ, l’ Apres-coup Bistrò  e le due sedi del CIPAS. L’ evento conclusivo, l’ 8 dicembre   ha messo in scena 2 opere cinematografiche,  “Poisson d’or, Poisson africaine” di Thomas Grand e Moussa Diop e “Les Vèritès du fous” di Bamba Diop; la performance di danza “Clorofilla” di Chiara Serafini e Dave Tavanti; l’installazione sonora “L’Atlante delle Cicale” a cura della poetessa Antonella Rizzo e della cantante e perfomer lirica Silvia Pepe; le letture poetiche sul suo viaggio in Senegal di Luigi Gherzi infine l’ostensione del “Boubou d’arte” , un abito da cerimonia (il grand boubou della moda tradizionale senegalese)  progettato da Sorelle Wax e da Mata e realizzato con il contributo di tutti gli artisti che hanno partecipato alla rassegna. La quale il prossimo 14 dicembre alle 17,30 in occasione del talk “Un mese d’arte” si interrogherà sulla sua prima edizione e sull’opportunità di una seconda , il prossimo anno. Sul perché ripeterla, a parte le motivazioni di carattere generale valide per ogni rassegna  artistica, potremmo suggerire almeno 5 buone ragioni specifiche per DAK’ART OFF.  In primis una ragione culturale:  la versione OFF della Biennale d’Arte di Dakar  promuove in Italia, a Milano, una visione inaspettata e positiva dell’AFRICA, in totale contrasto con il pregiudizio terzomondista che racconta del continente un’unica storia di guerre, corruzione e povertà.  La seconda è una ragione storica: DAK’ART OFF mette il focus sul Senegal. Il Paese che è stato capace di organizzare dal 1990 in poi 15 edizioni della rassegna d‘Arte contemporanea più influente dell’Africa Occidentale, è al centro di un cambiamento epocale nel continente perché  più di ogni altro sta sfidando in modo costituzionale e pacifico il neocolonialismo della ormai ex classe politica e per questo merita attenzione e sostegno da parte di tutta la comunità internazionale. Altra ragione è sociale poiché l’altro stereotipo  che DAKART OFF contribuisce a decostruire scegliendo come set la “periferia”, è  che questi luoghi siano troppo squallidi per avere una estetica e che la gente  che ci vive o che ci va  sia troppo impegnata a tirare avanti per poterla apprezzare. La quarta buona ragione è estetica e attiene la mescolanza delle discipline artistiche o, detta meglio,   alla potenzialità espressiva dell’ interdisciplinarità. La quinta e, a nostro parere,  la più importante è una ragione spirituale; DAK’ART OFF a Milano , favorendo l’interazione di artisti di varie culture, ciascuno portatore della sua visione estetica, ha nel metissage della comunità degli artisti il cuore della sua ispirazione. Ed è questa la ragione a nostro avviso forse più cara a chi DAK’ART OFF  ha concepito perché  questo metissage, a ben vedere,  si è manifestato proprio nell’ opera scelta dai fondatori della rassegna come EMBLEMA  del loro progetto: il gran “Boubou d’Arte“, l’opera collettiva in forma d’abito  realizzata da Sorelle Wax e da Mata che hanno sapientemente cucito tra loro i ritagli di seta su cui  ogni arista aveva dipinto un suo contributo. Il destinatario di quest’opere è chi nel 2024 ha firmato una esposizione più grande e rappresentativa che mai, madame Salimata Diop, direttrice della Biennale d’Arte di Dakar. Sì, perché  parlando di  decostruire  stereotipi, chi dirige  la più importante rassegna artistica dell’Africa occidentale è… una donna. Ma pensa tè…

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