Il 7 maggio quattro artisti visivi africani e afrodiscendenti ospiti di Africa Talks, il format coprodotto da COE e fondazione EDU per FESCAAAL 2024
Raccontare la propria storia di artista visuale, la decisione coraggiosa di seguire la propria vocazione, la scelta della propria poetica o della linea editoriale, del materiale in cui esprimersi plasticamente, del proprio progetto digitale: strutturato su di un costante ma per nulla scontato taglio autobiografico, questo è stato il programma della 7° edizione di Africa Talks, l’appuntamento annuale di approfondimento ospitato nella cornice del FESCAAAL e coprodotto da Associazione Centro Orientamento Educativo – COE e Fondazione Edu, che prevede una tavola rotonda seguita da un film a tema per approfondire gli aspetti più contemporanei e promettenti dell’Africa. Dopo i sei appuntamenti degli anni precedenti l’ edizione del 7 maggio 2024 ha messo al centro l’industria culturale e creativa in Africa con un focus sulle arti visive. Quattro si diceva, gli ospiti invitati: Marie Gomis-Trezise, di origine senegalese, gallerista di arte fotografica a Bruxeles e direttrice creativa di Nataal, periodico internazionale che mette in luce la moda, l’arte musicale e la cultura africana contemporanea; Michael Yohanes, giovane fotografo di origine eritrea, cresciuto in Italia, a Milano, e che si occupa principalmente di ritratto, moda e fotografia sociale. Osaru Obaseki artista visiva multidisciplinare nigeriana i cui lavori ruotano intorno ai temi dell’identità culturale e delle dinamiche sociali, e infine O’Plérou Grebet giovane artista, grafico e illustratore ivoriano, noto per aver progettato più di 365 emoji ispirati alla cultura, alla gestualità, al cibo, agli oggetti della propria cultura. Dicevamo anche della struttura autobiografica di tutti gli interventi e di quanto questa scelta dei relatori, condotti dall’esperta di fotografia e curatrice di mostre Maria Pia Bernardoni, per quanto semplice, sia stata essenziale per comunicare il un messaggio fondamentale: che le loro storie non sono solo esperienze di artisti ma anche testimonianze di pionieri. Le loro vite di artisti si sono sviluppate e si stanno ancora sviluppando in un periodo storico in cui tutto sta succedendo per la prima volta. La coincidenza storica di fenomeni quali la diffusione dei social media e la digitalizzazione dei contenuti che hanno incluso anche l’AFRICA grazie alla connessione internet del continente e alla diffusione degli smartphone, con la presa di coscienza delle seconde (o terze o quarte) generazioni di afrodiscendenti” ha messo al centro dei discorsi l’identità afro e la sua rappresentazione, sia tramite la produzione visuale e audiovisiva che quella editoriale (poesia, romanzo, graphic novel). Di qui l’urgenza di raccontare un’altra storia rispetto a quella narrata dal punto di vista “caucasico”, di riconoscere, denunciare, rivelare stereotipi. Le arti visive con l’immediatezza di un “blink” e l’assenza di barriere linguistiche, sono le messaggere privilegiate di questo cambiamento. Citando l’efficace descrizione del comunicato del Fescaaal “gli artisti africani (e afrodiscendenti n.d.r) contemporanei cercano di sfidare e smentire tali stereotipi attraverso le loro opere, riaffermando la complessità e la diversità delle culture del continente. Le opere d’arte visiva contemporanea africana mettono in discussione le narrazioni dominanti e offrono punti di vista alternativi, invitando il pubblico a riflettere criticamente sui pregiudizi e le visioni riduttive che dominano l’immaginario globale”. Marie Comis, Michael Yohanes, Osaru Obaseki, O’Plérou Grebet in questa epoca sono ci sono nati e come artisti con coraggio e ispirazione ogni giorno cambiano un pezzo di storia per loro e per le generazioni a venire.