Inaugurata il 3 maggio al Cinema Godard della Fondazione Prada la 33ª edizione del Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina.
E’ stato subito sold out per la serata inaugurale del FESCAAAL 2024 che il 3 maggio ha dato inizio a una maratona cinematografica che durerà sino al 12 maggio e proporrà 42 film di cui 20 prime italiane e 2 prime mondiali, 6 sezioni di cui 3 in concorso, in 10 giorni di proiezioni in 4 diverse location milanesi: il Cinema Godard, la Cineteca Arlecchino, il Cinema Milano MIC di viale Fulvio Testi e infine l’Auditorium San Fedele, che accoglierà la serata conclusiva delle premiazioni il giorno sabato 11 maggio. A dare il benvenuto al pubblico nella splendida sala del Cinema Godard, le due direttrici artistiche del Festival Annamaria Gallone e Alessandra Speciale insieme ad Andrè Siani, Presidente del COE, (Centro Orientamento Educazione) produttore del Festival dal 1992 che sono stati raggiunti successivamente da Paolo Moretti, direttore artistico della programmazione della Cineteca Godard della Fondazione Prada. La serata d’apertura del 3 maggio ha offerto al pubblico il film Freemont di Babak Jalali nonché l’incontro con il regista iraniano e la coautrice della sceneggiatura Carolina Cavalli a termine della proiezione. Sono anche incontri come questi, tra registi, attori, sceneggiatori e il pubblico che rendono così speciale la rassegna che da 33 anni promuove il cinema d’autore dei 3 continenti in sala a Milano e, grazie alla collaborazione con MyMovie.it dal 2020 anche nel resto d’Italia. La storia interiore di Donya (Anaita Wali Zada) immigrata dall’Afghanistan dei Talebani negli Stati uniti nella città di Fremont dove vive la più grande comunità di profughi afghani d’America, che non riesce a dormire a causa del trauma del distacco dalla sua terra d’origine dove lavorava come traduttrice in una base americana, prende forma a poco a poco. Più che attraverso le sue scarne parole il suo damma emerge in forma di massima attraverso le frasi che la ragazza compone per essere inserite all’interno dei famosi “biscotti della fortuna” dei ristoranti cinesi, prodotti dalla ditta per cui lavora. Sarà proprio una delle frasi che Donya affida a un biscotto come fosse il “message in a bottle” inviato da una naufraga, “Alla disperata ricerca di un sogno”, particolarmente significativa da parte di una 22enne sfollata che non riesce a dormire, che riuscirà in modo imprevedibile ad accelerare la sua vita verso un futuro tutto da costruire. L’opportunità di ascoltare dalla viva voce del regista e della co-sceneggiatrice i segreti del making off, della scelta del casting, del soggetto, della caratterizzazione dei personaggi delle scelte stilistiche e di tono è stato uno dei benefici più grandi di questa prima serata, perché ha dato modo al pubblico non solo di arricchire la visione di altro significato, una sorta di extra contents, ma anche di essere assorbiti da un evento irripetibile: l’esperienza della profonda umanità del regista, sapientemente sdrammatizzata dal sense of humor di Carolina Cavalli, che ha ispirato la direzione spirituale della sua opera, orientata verso la speranza, nonostante tutto.