La sartoria sociale di Cheikh Diattara e Valeria Zanoni il 3 gennaio aveva lanciato un crowdfunding per assumere Keita, in fuga dal Mali. Raggiunto l’obiettivo in anticipo.

Sono oltre 140 i donatori che, aderendo al crowdfunding promosso dalla sartoria sociale afro-milanese KeChic, hanno raggiunto il traguardo dei 25.000 euro. 17 giorni prima del previsto. Grazie a loro, il sogno di Keita e dei suoi datori di lavoro ora diventerà realtà e il talentuoso apprendista, rifugiatosi in Italia dal Mali, verrà assunto dal 1 marzo. “Sono arrivate donazioni da molti sconosciuti – rivela incredula e felice Valeria Zanoni che insieme a Cheikh Diattara ha dato vita a KeChic 4 anni fa – si vede che il nostro progetto ha convinto a prima vista”. Ma chi sono KeChic e perché il loro crowdfunding è stato tra i più rapidi e bene accolti tra quelli di Produzioni dal basso, una tra le prime piattaforme di crowdfunding in Italia? Cheikh Diattara è un sarto senegalese, percussionista e giocatore di pallacanestro nella nazionale paratletica del Senegal, ora stella del Basket Seregno e Valeria Zanoni è un’ esperta di comunicazione e addetto stampa milanese. Insieme hanno fondato KeChic, start up della moda artigianale milanese con sede all’Isola, a ridosso della Stazione di Porta Garibaldi. Abbinano al velluto, al jeans, al loden l’allegria subtropicale dei wax, i coloratissimi tessuti di cotone dell’Africa occidentale, e con questi creano minigonne, tailleur e panta-palazzo in stile meticcio, per dare origine ad una collezione di pret a porter il cui segreto è racchiuso in 4 parole: incontro, mix, spontaneità, ironia. Nel loro atelier nel cuore di Milano, offrono stage agli immigrati di tutte le diaspore per avviarli a un mestiere nella loro nuova vita italiana. Come succederà a Keita.

Come si siano potuti incontrare provenendo da mondi cosi distanti è un mistero che presto si spiega, visto che quando i loro destini si sono incrociati per cambiare per sempre direzione, Cheikh e Valeria avevano un punto in comune: entrambi erano determinati a trasformare il loro progetto in realtà e questo comune intento si concretizzò nello scambio di un volantino . “Lavoravo per l’ufficio stampa di Contaminafro, il Festival delle culture europee, che comprendeva un sezione dedicata all’artigianato multietnico- racconta Valeria – e volevo che all’inaugurazione partecipasse la comunità africana. I musicisti afro di Milano si trovano ogni sabato a parco Sempione, così decisi di andare a volantinare sul posto”. E sul posto c’era anche Cheikh che, ricevuto da Valeria il volantino, capì che forse aveva trovato il modo per avvicinarsi al mestiere della sua vita, quello in Senegal faceva dall’età di otto anni: il sarto. Aveva proprio otto anni Cheikh , quando si era ammalato di poliomielite perdendo l’uso delle gambe. La famiglia l’aveva mandato al Centre des handicapés di Dakar dove era diventato un campione in tutto, nella musica, nello sport, ma soprattutto nella sartoria. Arrivato in Italia come musicista, era stato ingaggiato anche come giocatore di pallacanestro, avendo fatto parte della Nazionale del Senegal. Ma di ago e filo, non se ne parlava. Senza imbarazzi, all’inaugurazione Cheikh chiede a Valeria di trovargli un lavoro da sarto, cosa che nei mesi successivi a lei non riesce ma che le fa venire in mente di unire l’arte di Cheikh con la sua capacità organizzativa e la visione imprenditoriale, per dare vita ad una impresa di moda artigianale. Baciati dalla fortuna, vincono il bando per un master di management della moda al Politecnico di Milano e, complice la pandemia che costringe Valeria ad uno stop negli eventi e Cheikh a interrompere gli allenamenti di basket, in sette mesi di studi on line si chiariscono le idee su come concretizzare il progetto. Si chiamerà KeChic e nei mesi seguenti trovano una sede, una clientela, canali di distribuzione, una identità social (www.kechic.it) da cui si può vedere tutta la collezione e ordinare i capi. Ora la loro storia è diventata un libro, “E ora vi racconto Cheikh – Maestro di Felicità” scritto da Emanuela Nava e pubblicato da Beisler che nel 2022 ha impegnato autrice e protagonisti in un serrato tour di presentazioni in giro per l’Italia. Un libro che rivela l’esistenza in questa storia, oltre ai personaggi già citati, di una figura quasi mitica, la nonna di Cheikh, la donna che al bambino in lacrime per non poter più usare le gambe rivelò che il suo nome significa Maestro di Felicità e che lui avrebbe dovuto “insegnare a se stesso come essere felice”. Essere felice anche e soprattutto nei momenti difficili come la mattina in cui, appena prima di Natale, Cheikh e Valeria hanno trovato l’atelier devastato da vandali che nella notte erano entrati nel laboratorio infrangendo la vetrina. Così, se Valeria ha cercato di trovare il buono anche nel pessimo grazie alla metafora relativistica tutta europea del bicchiere mezzo pieno (“In questo modo abbiamo avuto un riscontro di solidarietà che mai mi sarei aspettata”) Cheikh ha contrapposto a quest’attacco della vita il potere magico delle parole che gli ha insegnato la nonna . “Quando mi sento triste, io mi dico “Io sono Cheikh, Maestro di felicità”. Per questo, quando la gente mi guarda vede una vita sorridente, una vita combattente”. E con Cheikh e Valeria ora sorride anche Keita.
