Giovedì 4 agosto, è stata la giornata della risposta della Cina alla visita a Taiwan della presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi. A partire dalle prime ore dell’alba, le forze cinesi hanno condotto intense esercitazioni militari in sei diverse zone marittime intorno all’isola, poi diventate sette nel corso della giornata. Le manovre sono eseguite anche in tratti delle acque territoriali taiwanesi e andranno avanti fino al 7 agosto, all’8 nel caso della zona di esercitazioni annunciata quest’oggi. Non solo. Le forze navali cinesi hanno oltrepassato in diverse occasioni la linea mediana dello Stretto, arrivando quasi al confronto diretto con quelle taiwanesi, e nella notte due droni in formazione hanno sorvolato l’area di Kinmen, un piccolo arcipelago pesantemente fortificato e controllato da Taipei al largo della città cinese di Xiamen.
Com’era inevitabile, il Giappone ha protestato formalmente con il governo cinese. “Si tratta di una questione grave, che riguarda la nostra sicurezza nazionale e quella della nostra gente”, ha spiegato Kishi. Già prima dell’incidente, però, nella giornata di ieri il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying, aveva sottolineato come la Cina non riconosca la Zee del Giappone, dal momento che i due Paesi non hanno mai “definito il proprio confine marittimo”. Il lancio di missili balistici verso il Giappone potrebbe dunque essere deliberato