Nel 2020 l’emergenza Covid ha avuto un effetto devastante in Amazzonia. Ora un secondo picco di contagi e decessi, causato dalla nuova variante amazzonica del coronavirus (più trasmissibile e forse più letale), ha fatto collassare di nuovo il sistema sanitario della regione, con scene ancora una volta drammatiche negli ospedali saturi dei centri urbani: pazienti nei corridoi, per terra, personale sanitario stremato, decessi causati dalla mancanza di ossigeno e sofferenze provocate dalla mancanza di anestetici per i pazienti che hanno bisogno di respirazione meccanica.
Lontani dalle città, i piccoli villaggi amazzonici, isolati e accessibili solo in barca, non hanno commerci alimentari e non dispongono né di assistenza sanitaria né di farmaci né di trasporto d’emergenza e ciò rende i loro abitanti estremamente vulnerabili in caso di contagio. Vivono principalmente di pesca, caccia e raccolta, ma dipendono anche dalle città lontane per una rete di scambi.

“Qui, lontani dai centri urbani, la foresta ci sta proteggendo, ma è difficile rimanere isolati quando c’è povertà”, dice la biologa italiana Emanuela Evangelista, presidente di Amazônia Onlus e residente nel piccolo villaggio Xixuaú, a 500 km da Manaus. “Da subito, dal primo arrivo del virus in Brasile, Amazônia Onlus ha reagito rapidamente informando le comunità lungo i fiumi e anche le famiglie più isolate sulla necessità di ridurre gli spostamenti verso le città, dove c’è il rischio del contagio, ma non c’è la garanzia del ricovero o della cura. Contemporaneamente, insieme ad altri partner, abbiamo sostenuto la popolazione locale con continue consegne di scorte, viveri e farmaci perché l’isolamento e l’interruzione di tutti i lavori informali e di tutte le possibilità di reddito di questa popolazione stanno creando un problema gravissimo di sicurezza alimentare.”
Un altro problema da affrontare è quello delle fake news, che purtroppo trovano terreno fertile e stanno portando conseguenze gravissime come il rifiuto del vaccino da parte di alcune popolazioni locali, che credono che il vaccino li uccida, oppure li trasformi in animale o ancora che contiene un microchip cinese per controllare le masse.
“A un osservatore italiano l’Amazzonia può sembrare lontana ma ormai sappiamo che la foresta amazzonica influisce sulla qualità di vita dell’intera umanità. Anche questa pandemia altro non è che il risultato del nostro rapporto squilibrato con la natura”, continua Evangelista. “Abbiamo tutti delle responsabilità: l’Italia importa carne, pellame, soia, legname dal Brasile e non sempre si conosce la provenienza di questi prodotti. L’Italia può e deve fare la sua parte, e così anche il singolo cittadino, che non deve sentirsi impotente”.
Come si fa? Per esempio diventando consumatori consapevoli, informandosi sulla provenienza dei prodotti che si acquista. Diventando, anche, investitori consapevoli, perché le nostre scelte influenzano il comportamento delle banche e delle assicurazioni, cioè dei capitali che finanziano la distruzione dell’Amazzonia.
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Un anno fa il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella conferì la nomina di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana a Emanuela Evangelista, biologa e attivista impegnata nella tutela socio-ambientale della foresta amazzonica brasiliana, proferendo le seguenti parole: “per il suo costante impegno, in ambito internazionale, nella difesa ambientale, nella tutela delle popolazioni indigene e nel contrasto alla deforestazione”. In quel momento nessuno poteva immaginare che neanche un mese dopo (in data 11 marzo 2020) l’OMS avrebbe dichiarato lo stato di pandemia. Ci siamo ritrovati ad affrontare una situazione a cui non eravamo preparati. Non siamo nati per gestire emergenze sanitarie. Da un anno stiamo affrontando una sfida che non è la nostra, ha affermato Emanuela. La biologa è membro della Species Survival Commisson (SSC) dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), Presidente di Amazônia Onlus, con sede a Milano, Vicepresidente di Trentino Insieme, con sede a Trento, dal 2000 lavora in Amazzonia, dove vive dal 2013.
Amazônia Onlus, fondata dalla biologa nel 2004, sostiene i nativi dell’Amazzonia per la protezione della foresta tropicale e della sua biodiversità. Normalmente, l’organizzazione lavora per offrire formazione, salute e reddito alle comunità locali ma, dall’inizio dell’emergenza Covid, ha dovuto concentrare tutte le sue azioni in una sola direzione: quella di proteggere i nativi.
Informazioni sui progetti di Amazônia Onlus www.amazoniabr.org