Durante il lockdown hanno offerto 74 ore di lezioni interattive settimanali, realizzato 100 video, visti oltre 45.000 volte: un piccolo record in tempo di distanziamento: e dire che da 30 anni lavorano per far stare insieme la gente
Da questa esperienza dell’ #iorestoacasa, Marco Marzagalli, fondatore de La Comune nel 1987, ha avuto la conferma di come operare per 30 anni per l’aggregazione e l’inclusione lavori nel profondo del vissuto civico e di come, nel momento della separazione forzata, in cui il luogo dell’aggregazione fisica manca, la comunità affezionata riesca a superare i limiti tecnologici, per eleggerla senza dubbio alcuno a luogo del cuore.
Il 3 giugno La Comune ha riaperto le due palestre, quella di via Novara 97 con i suoi 230 metri quadri suddivisi in due locali e quella di via Trivulzio con i suoi 350 metri quadri divisi in tre. Ha così ricominciato la sua attività nel mondo reale pronta a ripartire con le sue 254 ore di lezioni settimanali, i suoi oltre 95 docenti, per un pubblico che va da 2 a i 92 anni, riprendendo la sua attività di palestra, associazione, nonché principale agenzia educativa per il Comune di Milano a favore dei Centri Diurni Disabili per quanto riguarda l’attività motorio- espressiva. E con l’apertura sono ricominciati anche i corsi che sono il fiore all’occhiello di questa poliforme realtà del no profit milanese, le lezioni di Judo e Karate in cui dal 2015 bambini disabili intellettivi, seguiti a bordo tatami da una educatrice ad hoc, imparano le arti marziali insieme a compagni normodotati.
Dai corsi di judo alle lezioni di canto: La Comune è “stare insieme”
“Fin da quando abbiamo deciso di iniziare questa attività a favore dei più fragili – racconta Marco Marzagalli – abbiamo perseguito l’obiettivo di creare corsi “misti” per favorire un’esperienza unica sia da parte dei bambini disabili sia da parte dei normodotati che, accomunati dall’obiettivo di apprendere e cimentarsi, si trovano in una esclusiva condizione di parità, che favorisce lo scambio e l’inclusione. Ora siamo orgogliosi di poter offrire questo servizio a 60 bambini disabili e alle loro famiglie e altri 15, di un livello di gravità più serio, sono in procinto di essere inseriti, per spingere oltre la nostra esperienza a favore di una società più inclusiva, aperta, attenta e solidale”.
E’ questa visione del mondo che spiega e tiene insieme una realtà a prima vista senza un nesso comune (cosa centrano i corsi di arti marziali con le lezioni “american talk”, la capoeira con le lezioni di canto corale) ma che invece, illuminata a questa prospettiva, assume senso e acquista la dimensione di una utopia realizzata, grazie ad un disegno progettuale che si fonda su solide basi.
C’era una volta una palestra sfitta al quartiere San Siro
“Alla fine degli anni ‘80 mi ero appena laureato alla Bocconi in economia politica – ricorda Marzagalli – e stavo terminando i miei 18 mesi di servizio civile quando io e 2 miei amici veniamo a sapere che nel mio quartiere, San Siro, affittavano una palestra. Io praticavo Judo ad un buon livello, ma soprattutto mi ero reso conto di quello che Milano stava perdendo: i luoghi di aggregazione e di dialogo in cui tutti i rappresentati di una comunità, dai giovani agli anziani, dai disabili ai normodotati, dagli stranieri ai cittadini italiani, si potessero confrontare. Credendo soprattutto nel valore educativo dello sport, partì la prima palestra di via Novara 97 e, nel rispetto dei nostri princìpi di accoglienza e inclusione, promuovemmo un’idea di sport non agonistico, ( anche se alcuni membri della nazionale italiana di kendo si allenavano da noi, così come alcuni campioni italiani di alto livello di lotta sambo). Nei primi anni i bambini che venivano ad allenarsi anche due o tre volte alla settimana, facevano i compiti in palestra, assistiti dai genitori o dal nostro personale volontario. Nel 1997 la nostra sfera di interesse e di azione alla disabilità intellettiva e da lì è iniziato un percorso a parallelo e integrato a quello sportivo, che cinque anni fa si è arricchito anche dei corsi per i più piccoli”.
Quando il bisogno di aggregazione divenne un must del Comune di Milano
Circa 25 anni dopo la profetica visione di Marco e dei suoi amici, il bisogno di aggregazione diventa programma del Comune di Milano, dal 2010 impegnato in un complesso percorso di ridefinizione del welfare comunale ( è del 2014 uno studio del Comune che dichiara che “la città risulta popolata principalmente di persone sole. Esse rappresentano il 52,7% degli iscritti all’anagrafe”). Nel frattempo La Comune, partita molto prima, è diventata un oliato meccanismo per produrre aggregazione. Aumentando l’impegno nell’ambito della disabilità intellettiva, inizia a partecipare a bandi indetti dal Comune di Milano, Regione Lombardia, Fondazione Cariplo, Dipartimento delle Pari Opportunità, ecc. arrivando i pochi anni a varare oltre 40 progetti. Nel 2012 parte una collaborazione importante col Consiglio di zona 7 per la gestione provvisoria dei CAM della zona, insieme ad ARCI, e nel 2013, dopo aver vinto un bando, arriva la gestione dei 4 CAM di zona 7 (via Betulle, via Manaresi, via Forze Armate, via Lamennais) e di una serie di attività nei 4 centri socio ricreativi culturali per anziani, con un passaggio annuo di circa 2600 persone (a fronte delle 1200 del 2012) e un’erogazione di circa 8500 ore di attività. Nel 2016 apre la sede di via Trivulzio 22 e altre attività sociali tra cui un progetto di accoglienza diffusa per richiedenti asilo e protezione internazionale con le amministrazioni locali della Val Seriana e un progetto abitativo di convivenza alla pari per persone con disabilità e studenti iniziato nel 2014.
2019: La Comune…si fa in tre!
La Comune sente il bisogno di fare il punto e trovare un assetto organizzativo adatto all’incremento esponenziale e alla diversificazione della attività Questa riflessione, illuminata dai consigli di Ulderico Capucci, consulente di management, organizzazione e risorse umane, e nata parallelamente alla riforma del terzo settore che invita le diverse associazioni a specializzarsi e a professionalizzarsi nel proprio agire, ha portato all’idea di costituire il Gruppo no profit La Comune, composto da 3 enti distinti: un’ ASD – associazione dilettantistica sportiva, un’ APS – associazione di promozione sociale, e una Fondazione. Nel 2019, anno del cambiamento, sono diventate operative queste scelte e da fine luglio i tre enti hanno cominciato a lavorare fianco a fianco, legati indissolubilmente da un’unica vision: una società più inclusiva, aperta, attenta e solidale, la stessa che ha ispirato Marco fin dall’inizio della sua corsa. E ora, dopo tanto correre, che fare?
La creazione dei successori: un nome, un destino: Futura Zuccotti
“La portata del nostro progetto ha un senso sociale se prescinde da chi ne ha avuto l’idea iniziale- risponde sicuro Marco – quindi la prima generazione di fondatori di fine anni ’80 ora sta lavorando per creare successori”. Tra questi vi è una ragazza che, parlando di progetti a venire, ha nel nome il suo destino: Futura. Futura Zuccotti, braccio destro di Marco ha gli stessi anni de La Comune perché è nata proprio nel 1987., Laureata in legge, appassionata di judo e inizialmente cliente della palestra, ha iniziato a collaborare come volontaria nell’ambito legale. Poi qualcosa è scattato. “Per me l’aspetto etico della vita è stato sempre molto importante – racconta Futura. E penso sia per quello che ho scelto di laurearmi in Legge. Ma ogni giorno che andavo in studio, confrontavo le cose che facevo con quello che succedeva in palestra quando andavo ad aiutare. Il valore che creavo, che creavano i miei compagni alla Comune era senza paragoni rispetto al mio lavoro, che nei miei progetti ho sempre voluto che coincidesse con la mia identità, che non fosse solo la “divisa” che si indossa ogni giorno quando si prende servizio. Cosi quando mi hanno proposto di entrare come impiegata, è stata la scelta più naturale”. Ora Futura passa disinvolta dal ruolo di educatrice per i bambini disabili nelle lezioni di judo, alla creatrice dei progetti per la APS, per partecipare ai bandi del Comune. “Anche se sono attività che mettono in gioco competenze molto diverse -conclude Futura . come tutto ciò che succede alla Comune, sono fortemente coerenti. E questa coerenza nasce dalla visione che i fondatori che sono riusciti a passare anche a noi, seconda generazione. Anche se emotivamente mi sento ancora un’allieva, è il condividere quella stessa visione del mondo , che mi dà la certezza che La Comune continuerà con noi. Abbiamo ancora tanto da fare”.