GLI ISPIRATORI

GLI ISPIRATORI #8: LA MIA VITA PER DARE LUCE ALLE FAMIGLIE INVISIBILI DEI BIMBI AUTISTICI

E’ diventata famosa grazie ad una trasmissione di RAI3, che alla fine di Marzo 2017 con la sua troupe si è spinta tra le risaie vercellesi per indagare sullo “strano caso della Stanza Multisensoriale”, un prodigio della tecnica al servizio dei disabili del costo di circa 60.000 euro, la seconda in Italia dopo Firenze, che una sconosciuta mamma vercellese è riuscita a far finanziare, progettare e realizzare proprio a Vercelli, una città di nemmeno 50.000 abitanti.

Ascoltando Francesca Debernardi che, non appena diagnosticata la malattia del secondo figlio, non ha esitato a lasciare il suo lavoro di per iscriversi al Corso di Laurea per Educatori Professionali in modo da poter accedere in modo competente e titolato a tutte le conoscenze e alle tecniche messe e disposizione dalla medicina e della psicologia per affrontare l’autismo di Federico, la grande conquista della stanza è solo una tappa, magari quella che fa più notizia, della sua travolgente azione degli ultimi tre anni: un’ azione concreta sulle strutture, spirituale sulle coscienze e, in definitiva, rivoluzionaria.

Perché se molti sanno cos’è l’autismo, pochi immaginano quanto la difficoltà di curare questa malattia in gran parte sconosciuta porti le famiglie a rassegnarsi e a nascondersi  al mondo delle persone “normali”, quasi che avere un bimbo autistico sia una vergogna, da vivere nell’ombra della propria casa. “Per me è stato persino difficile stabilire che il malessere di Federico – commenta Francesca – non era un problema caratteriale, come sostenevano le educatrici dell’asilo nido e il pediatra. Sì, perché il suo modo strano di rapportarsi all’ambiente quando aveva circa 20 mesi veniva liquidato con “ha un brutto carattere”. Io temevo che avesse un tumore al cervello ed è per questo che non mi diedi per vinta, persuasa che il tempo giocasse contro.

Finalmente trovai un medico molto competente all’Ospedale Infantile di Alessandria, che indagò a fondo nella mente di Federico fino a quando non scoprì cos’aveva: disturbo dello spettro autistico. Avevo tristemente ragione. Seppure nella disperazione, dopo qualche colloquio con il medico, mi resi conto che era un fortuna avere scoperto che era quella malattia a disturbare Federico. Non solo perché non era un tumore, ma perché la mia insistenza aveva permesso di scoprire la disabilità in età prescolare, quando sono ancora possibili notevoli miglioramenti”. Quando si scopre che il proprio bimbo ha una disabilità che lo renderà diverso per tutta la vita, la famiglia subisce un duro colpo e alcune non resistono. “E adesso che faccio? – mi dicevo all’inizio. Poi per fortuna conobbi l’ANGSA, un’associazione di Novara e la sua Presidente.

Si trattava di una associazione che si occupava di sostenere e supportare le famiglie dei soggetti autistici e, nel contempo, attraverso il Centro per l’Autismo, offriva la possibilità di effettuare trattamenti terapeutici multidiscplinari a norma con le Linee Guida Ministeriali, basati sulla metodologia dell’Analisi Comportamentale Applicata, ma nella mia città non c’era. Ma io c’ero e con me Federico.

Fu lì che mi venne per la prima volta in mente che non ero capitata lì per caso e che quella sarebbe stata la mia missione: espandere l’Associazione e il Centro al territorio vercellese, in modo che le famiglie di quella zona non dovessero più continuare a viaggiare, dato l’enorme carico già presente necessario a prendersi cura di un figlio autistico”. Dopo quasi tre anni di lavoro a fianco della Presidente, nel 2014 Francesca inizia a decidere.

Decide di mettersi in aspettativa e poi di lasciare il lavoro per prendere la seconda laurea e acquisire titolo e competenze per poter supportare il percorso terapeutico di Federico in prima persona; grazie all’aiuto del Comune di Vercelli, apre una sede dell’associazione in città e ne diventa vice presidente; attiva una efficace azione di fund rising per finanziare la ristrutturazione del centro e i costosissimi strumenti della diagnostica dell’autismo ( ad esempio una VB-MAPP SCALE, la CASD, il Kit LEITER 3, per la valutazione del grado di gravità dell’autismo, per un valore complessivo di circa 5000 euro); alla fine del 2014 l’Associazione organizza a Novara un convegno, in collaborazione con l’Università del Piemonte Orientale, invitando esperti di autismo provenienti da tutto il mondo, in particolare da New York giunse Vincent Carbone, un luminare della ricerca nel campo dell’ABA (Applied Behavior Analysis – Analisi del Comportamento Applicata), che si fermò una settimana oltre l’evento per fare supervisione ai casi più difficili seguiti dal Centro per l’Autismo; nel 2015, l’Associazione promuove presso l’Università di Torino la nascita di un master ABA all’interno del corso di laurea in psicologia, per formare figure altamente competenti per trattare un disturbo così complesso come l’autismo. “Questi risultati concreti – racconta Francesca – ci fecero raggiungere rapidamente credibilità tra le famiglie e sul territorio. Così quando conobbi l’associazione BIUD 10, un gruppo di professionisti che, in memoria di un loro amico scomparso alcuni anni fa a causa di una grave malattia, ogni anno finanziavano una struttura che migliorasse il livello di sostenibilità dei disagi dell’infanzia nel territorio.

Da loro era nato l’asilo nido Tatamia per le famiglie economicamente disagiate e il parco giochi inclusivo, con attrezzature che rispettassero le possibilità dei bambini disabili. Con loro iniziò un sodalizio che mi spinse nel 2016 a proporre loro di sostenermi in un sogno che avrebbe cambiato la vita per tantissimi bambini: la stanza multisensoriale di cui avevo visto un raro caso in Canton Ticino dedicato alla cura dei malati di Alzheimer. Comprendendo il valore di quella “invenzione” se declinata nella versione a sostegno dell’autismo, decisi che sarebbe stato il prossimo passo e che ne dovevo trovare una studiata per il mio caso. Per fortuna una, una sola in Italia esisteva. La trovammo a Firenze, e da quel momento divenne il mio obiettivo primario.

Era il 2016”. L’equipe del Centro per l’autismo, con l’aiuto e la testimonianza dei ragazzi autistici ad alto funzionamento, mette a punto il progetto dal punto di vista tecnico con lo studio DuIt di Firenze e lo presenta a BIUD 10, che si appassiona e non si fa spaventare per il preventivo: 60.000 euro. Entusiasti all’idea di creare qualcosa di così tecnologicamente avanzato e capace di concretizzare un reale miglioramento della qualità di vita delle persone autistiche, BIUD10 accetta di finanziare il progetto e di mettere la propria competenza al servizio della realizzazione pratica della stanza. “Era la fine del 2016 – prosegue Francesca –  e il mio obiettivo era che il 2 aprile 2017, la giornata mondiale dell’autismo, la stanza fosse pronta. Grazie al sostegno e all’impegno profuso da tutti, abbiamo finito il 29 marzo, proprio per accogliere la troupe di RAI TRE che veniva a realizzare il reportage con Federico, mio figlio, che sperimentava felicissimo quella meraviglia”.

Il 2 aprile successivo, presso la Cascina Muni Prestinari, sede di ANFFAS Vercelli, una sala riunioni gremita di 300 persone tra politici, giornalisti, studiosi e famiglie applaudiva al gruppo che con le rispettive competenze e la comune appassionata determinazione aveva reso possibile che a Vercelli arrivasse la seconda stanza multisensoriale d’Italia. Una grande vittoria. “Può sembrare strano – commenta Francesca sorprendendoci un po’ – ma, seppure io sia la prima a riconoscere il valore di questa innovazione nelle cure a disposizione della comunità, penso che la più grande conquista ottenuta con la mia attività in questi tre anni non sia la stanza, bensì quello che è successo nel cuore e nelle menti delle famiglie dei bimbi autistici. Mi spiego. Quando organizzai per la prima volta nella piazza principale di Vercelli, una piccola città di provincia, l’illuminazione di blu dei principali monumenti della città in occasione della giornata mondiale dell’autismo, attraverso un’azione di sensibilizzazione della cittadinanza, fui straordinariamente colpita dal consenso e dal supporto di tutte le famiglie vercellesi.

Mamme e papà, soprattutto di figli adolescenti gravi, che per la prima volta uscivano allo scoperto in una serata di festa, a far sentire la nostra voce e la nostra presenza in un posto normale, insieme alla gente “normale”. Molte di queste famiglie vivevano nell’ombra e nell’isolamento, senza la speranza che qualcosa o qualcuno potesse aiutarli, rassegnate al fatto che l’autismo, così poco conosciuto, li avrebbe resi trasparenti per sempre.

Ebbene, una di quelle mamme, quella sera mi si avvicinò e mi disse: “Grazie per quello che fai, perché da oggi non siamo più invisibili”. Vedere quella mamma e l’intera sua famiglia liberate dalla vergogna e dalla disperazione, sapere che sono in prima linea per far conoscere alla comunità che l’autismo esiste e si può curare, sapere che come loro ci sono altre famiglie che hanno cambiato per sempre la loro visione della malattia, è veramente per me la grande vittoria di questi miei tre anni”.

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